mercoledì 3 dicembre 2008

Ceterum censeo Cartago delenda est



Le facoltà vanno abolite, andavano abolite dal 1980 e l'istituzione dei Dipartimenti. Ma quella che va ripensata è la stessa idea di democrazia universitaria.

La democrazia universitaria è stata una trappola ben congegnata, creata da noi stessi e senza accorgercene, in cui è caduta la mia generazione. Infatti chi può essere contro la democrazia?
La democrazia universitaria è stato un metodo scientifico, di cui si sono impadroniti rapidamente baroni veri e demagoghi, con cui si è separata e selezionata la classe dei politici accademici di professione, la cui massima espressione sono i Rettori a vita.


Un giovane docente inizia a partecipare ad un consiglio di facoltà per dovere istituzionale, curiosità e pensando di poter dare un contributo. In breve si accorge che il 90% delle cose discusse non hanno il minimo interesse generale mentre il 10% rimanente è stato deliberato in commissioni apposite ed è quasi impossibile modificarlo in aula.
A questo punto scatta la selezione, se il suo interesse è sopra tutto la ricerca e l'insegnamento assisterà con sempre minore interesse alle sedute, inizierà a mandare giustificazioni fino (come nel mio caso) a non metterci più piede. L'alternativa è di entrare nelle commissioni, correndo il rischio di ritrovarsi in breve risucchiato nel meccanismo perverso della politica accademica. Naturalmente ci sono alcuni stoici idealisti che cercano di cambiare il sistema dall'interno, qualche volta hanno dei piccoli risultati qualcuno riesce anche a diventare Rettore. Lo schema si ripete in modo analogo per gli altri consigli: di dipartimento e di corsi di laurea con una importante variante. Poiché il potere accademico in un dipartimento (almeno nel mio) è minimo, rapidamente il consiglio si svuota, rischia continuamente di non avere il numero legale ed infine la ricerca di un Direttore di Dipartimento si trasforma nel gioco dell' "omo nero". Rompere questa spirale richiede una grande dote di buona volontà.
È quindi necessario, oltre all'abolizione delle facoltà, ripensare alla intera struttura separando quei pochi momenti in cui una assemblea di tipo democratico si esprime su questioni importanti di interesse comune e la gestione ordinaria delle istituzioni.

claudio procesi

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