giovedì 4 dicembre 2008

I miei due cent (anche un cent solo)

Secondo me i criteri formali non hanno alcun senso, tranne forse i requisiti minimi. Il problema di fondo è che, com'è noto, "la sintassi non veicola la semantica".

I criteri minimi possono (forse, e non del tutto) garantirci contro i casi indecorosi: è già qualcosa, ma -- a parte che anche le proposte di criteri minimi che ho visto finora sono tutt'altro che perfette -- non basta a garantire invece un buon funzionamento del sistema. Sarebbe come dire che tutto ciò che serve per essere un buon cittadino sia non essere un delinquente, e che quindi l'unica struttura veramente necessaria a una nazione sia il sistema della giustizia penale. La giustizia penale va benissimo, ma non ci si può limitare ad essa.

Nè, per far funzionare bene un sistema universitario, mi sembra una buona idea ricorrere ai vari "factor" dei quali tanto si parla. Lasciando stare che un collega di Dipartimento suggeriva recentemetne di tener conto anche del "fattore C", rimane che affidarsi all'IF e simili non ha molto senso, per molte ragioni che spero siano ovvie (e che posso spiegare se non lo sono).

Né il semplice ricorso a "esperti stranieri" sarebbe una buona idea; ad esempio perché l'esperto straniero, pagato con le cifre, i modi e i tempi dello Stato italiano, non si sognerebbe neppure di muoversi da casa; poi perché la cosa diventerebbe semplicemente un guicciardiniano inseguire, da parte di ciascuna cordata, il proprio "esperto straniero" di riferimento. E per altre ragioni che di nuovo credo siano ovvie

Il punto vero è di passare a un sistema basato sulla semantica. Come nella proposta iniziale di Claudio: assumi chi ti pare e pagane le conseguenze. Aggiungerei forse, come in altre nazioni, l'ipotesi di una idoneità nazionale. Da lì in poi, tutto ciò che conta è la valutazione a posteriori, non diversamente da come fa qualunque organizzazione.

La Fiat, dico per dire (e non lo dico perché lavoro a Torino :) assume chi vuole e ne paga la conseguenze. Se la moglie di Marchionne vale, la può benissimo assumere (e d'altra parte è ben possibile che la moglie di Marchionne sia in Fiat non perché Marchionne ce l'ha portata ma perché un Marchionne scapolo, lavorando in Fiat, ha conosciuto una collega e se l'è sposata; o che vogliamo fare, vietare i matrimoni tra colleghi?). E non è affatto ovvio che un dipendente di categoria X non possa passare alla categoria X+1 dentro la Fiat e debba per forza andarsene a lavorare alla Renault per aspirare alla carriera.

(Disclaimer: non conosco Marchionne e non so cosa penserebbe di questo post; non sono sposato né con una collega né con altri; e ho girato tre università del Nord Italia prima di stabilizzarmi nella quarta.)

4 commenti:

seldon ha detto...

Sto leggendo il libro di Perotti e mi viene il dubbio che molti di noi (me compreso) non conoscano il lato oscuro della nostra Università. Sembra che esistano concorsi di professore ordinario dove si passa senza pubblicazioni! Bisognerà cominciare ad occuparsi anche dei minimi anche se molti di noi li ignorano. Se l'impact factor è 0 forse qualcosa significa.

Anonimo ha detto...

Mah, io ho visto la mia quota di "oscurità" e in effetti se sono entrato in un dottorato, e quindi infine se sono qua, è perché ogni tanto l'oscurità fa cilecca -- in altre parole, dopo tanti concorsi persi sono entrato da outsider grazie al fallimento irredimibile di uno dei candidati designati. Da lì in poi di schifezze ne ho viste e pure subite. Il fatto è che mi pare difficile vietare le schifezze per legge; mi pare invece più sensato un motore che le renda sconvenienti (in entrambi i sensi della parola). Dopodiché, ripeto, un qualunque set di criteri minimi può pure andare bene, a patto che da "necessari" non diventino poi "necessari e sufficienti". Anche una volta evitate le peggiori schifezze, imane però il problema se limitarsi a evitare le vicende indecorose sia sufficiente o soltanto necessario.

seldon ha detto...

CONCRETAMENTE la domanda è: ha senso una idoneità nazionale come requisito minimo per un concorso?
Il rischio è che fornisca uno dei tanti italici diritti acquisiti. Una parziale soluzione è che valga solo uno o due anni.

Venti anni fa, con Arbarello, lo avevamo proposto con una lettera al Corriere, oggi sono talmente scoraggiato da non sapere se sia meglio abbandonare del tutto alcune Università al loro perverso destino.

Anonimo ha detto...

Mi è difficile dire se l'idoneità nazionale abbia senso. A botta non ce l'ho in particolare simpatia, ma non credo di essere un grande ingegnere di organizzazioni complesse. C'è da dire però che in Italia (a) è lo Stato a finanziare la ricerca, nella quasi totale assenza dei privati e (b) lo Stato è tendenzialmente borbonico e napoleonico (una bella combinazione, ma tant'è). In questa situazione mi pare difficile pensare di poter avere un sistema "fortemente "liberale". Uno "mediamente liberale" sarebbe già una meraviglia...